martedì 28 agosto 2012

dove finisce la terra

uno dei significati della concha, la conchiglia che accompagna i pellegrini verso la meta, è il sole che va a morire.
Le righe, le linee della conchiglia si riuniscono nel suo dorso e lì terminano, come i raggi del sole.
Finis terrae, o fisterra come la chiamano qui, è il punto più a ovest di tutta l'Europa ed è a neanche 100 km da Santiago.
La terra finiva qui, oltre doveva esserci solo acqua.
Per secoli, i pellegrini che compivano il pellegrinaggio, arrivavano a Santiago e, poco dopo la meta, la terra finiva lì: dove il sole andava a tramontare.
Tutte le strade di tutti i pellegrini si riunivano qui e terminavano.
Chi arrivava a Santiago e tornava indietro doveva tornare come uomo nuovo, perchè redento dal viaggio: doveva attraversare il portico della gloria, dal quale si accede alla cattedrale, e uscirne diverso, puro, rinato, come il sole che tramonta per poi risalire, il giorno seguente.


Stamattina siamo arrivate qui (con l'autobus) perché volevamo che il viaggio finisse qui al tramonto, perché la strada si ricongiungesse a quella di altri, di tutti, finisse nei raggi del sole dietro l'oceano, per sentirci nuove, per potere poi tornare a casa.

lunedì 27 agosto 2012

13 tappa: Pedrouzo - Santiago

L'impresa è compiuta.
Impossibile anche solo pensare a stamattina e alla partenza persa in un bosco.
La città la vedi là sotto, è un abbozzo da sopra al Monte de Gozo, che, semplicemente, significa il monte della gioia.
La discesa è eterna.
Poi, i piedi che è 13 giorni che ti portano, si fermano alla cattedrale.
L'emozione che abbiamo addosso non si lava più, come la puzza di quelle maglie che abbiamo sudato e lavato con il sapone neutro.
Le scarpe sono lercie di terra antica, ma, per un attimo, forse vorremmo non doverle togliere più.
Il resto sono lacrime, di quelle che non le riesci a spiegare, saluti a chi abbiamo incontrato su questa strada e "buen camino, sempre", il resto è il cielo grigio su quella piazza piena, la messa del pellegrino dove ci sono tutti, il resto è alzare le braccia al cielo in segno di vittoria.
Poi basta, perché le parole non potrebbero spiegare di più e perché tutto quello che conta ce l'abbiamo stretto. Nel cuore.

domenica 26 agosto 2012

12 tappa: Ribadiso - Pedrouzo

A Santiago mancano 19 oppure 21 km.
Guida e mojon con indicazioni discordano.
Stamattina, sebbene una notte troppo vicina al freddo della porta d'ingresso e alla nebbia di partenza, abbiamo macinato i consueti 5 km all'ora, lo zaino sembra che non pesi più, le vesciche adattate o curate, non fanno più male; anche i muscoli delle gambe che, negli ultimi giorni, a ogni pausa tiravano come elastici impazziti, non si sono fatti sentire.
La strada, anche oggi, un bello sterrato all'ombra di alberi grandi, così avanti fino a Pedrouzo.
L'idea di tirare dritto fino a Santiago ci pungola, man mano che i chilometri diminuiscono. Il flusso dei pellegrini, invece, continuo e inesauribile. Difficile fissarsi qualche viso in testa.
"c'avete i razzi nei piedi?!" ci aveva chiesto il solito Gianpiero qualche giorno fa. Oggi un po' sì.
Quando arriviamo all'albergue mancano pochi minuti a mezzogiorno e già ci sono una trentina di zaini in fila.
Pedrouzo, su una strada che lì sotto c'è Santiago, è l'ultima possibilità di dormire prima della meta: in mezzo non c'è nulla, a meno di accamparsi in chiese sperdute, alla moda di Tatiana, la giunonica in vesti cicliste (che sappiamo arrivata ieri sera da un messaggio inviato ai Paci).
Nell'albergue ci stanno 120 persone. Che non stanno in fila, che si affollano, che parlano a voce altissima, che parlano anche in italiano, che vogliono tutte fare la doccia per prime, lavare i calzetti, che chi le conosce?!
A Pedrouzo, soprattutto, c'è un rumore continuo, ininterrotto. Noi camminiamo da undici giorni nel nulla e la televisione accesa del bar, la gente che parla per le scale, le ragazzine italiane trascinate dalla madre sul cammino che litigano, ci disorientano.
Ma, infondo, bisogna solo trovare la strada per la cattedrale e arrivare a Santiago. D'altra parte, dopo 42 km da stamattina, con scatto da maratoneta, è arrivato alla meta anche Gianpiero

sabato 25 agosto 2012

11 tappa: Ax Seixas - Ribadiso

Lasciamo l'albergue che non capiamo se oggi il tempo sarà clemente. Anche il ragazzo con le braghe larghe del gruppo eterogeneo, assicura che farà bel tempo.
Riprendiamo da dove avevamo lasciato ieri, la strada risale la collina fino a un lungo sentiero che taglia in due la cima e passa accanto a un monticello di pietra che è l'unica cosa che si staglia davanti a noi.
Sotto e oltre, una nebbia densa. Ricomincia a piovere.
Con pazienza rimontiamo k-way e coprizaino, un mojon -uno dei cippi che segnano la direzione con le conchiglie- ha disegnato un arcobaleno che speriamo sia di buon auspicio.
Iniziamo la discesa e si profila la sagoma di Gianpiero e i suoi due zainetti e dietro i suoi compari: Braghe Larghe, la spia sotto copertura e i due esagitati. "stamattina vai veloce" commentiamo sperando di incoraggiarlo "aó, so' partito 20 minuti prima e già m'hanno raggiunto".
La strada si lascia percorrere tranquilla, in discesa, piove, talvolta possiamo togliere il cappuccio, poi lo rialziamo, accanto a noi: campi di mais, qualche casetta bianca, spighe ai bordi dell'asfalto.
Dopo 15 km le prime case di Melide che ci è apparso, man mano, su un piccolo promontorio sopra di noi.
"1 chilometro!" ci incoraggia una signora affacciata alla finestra.
A Melide recuperiamo le conchiglie nell'intrico delle stradine del centro: la chiesa di San Pedro con la volta bassa, la piazza antistante.
Sono le 10.30, abbiamo appena superato il record dei 5 km all'ora!
Mentre ci fermiamo in una sosta per una colazione aggiuntiva, dalla vetrina del bar, vediamo passare un flusso incredibile di pellegrini, pochi hanno il coprizaino montato, segno che, evidentemente, non camminano da molto: il confluire con il camino francese è qui.
La strada scende ed entriamo nella piccolissima chiesa del Carmen dove una suora gigante, ma molto gentile, ci racconta che era la chiesa dove i pellegrini si fermavano per far penitenza prima dell'arrivo a Santiago. La porta dalla quale uscivano è orientata verso la meta del pellegrinaggio. Quando le sveliamo che veniamo dal cammino primitivo, è molto colpita e si complimenta a lungo.
La strada, un lungo sterrato ampio ci fa entrare in un bel bosco continuo di alberi alti e mais, incontriamo qualche sparuto gruppo di case.
Le facce che vediamo sono nuove,
i passi vanno a ritmo di bacchetti altrui.
C'è persino qualche gruppo senza zaino e ambulanti che vendono frutta e un timbro per la credenziale.
Persino i mojon che ci hanno accompagnato senza farci mai perdere la direzione, sono cambiati: riportano i chilometri mancanti a Santiago in un count down scandito ogni 500 metri, ad ogni modo, sbagliare strada è quantomeno impossibile. Le conchiglie non ci indicano più dove andare, per quello basta seguire quelli davanti.
Arriviamo a Ribadiso che sta a cavallo di un fiume, è fresco e il portone azzurro dell'albergue quasi si confonde, molti proseguono oltre.
La struttura in muratura, bassa, profilata di azzurro assomiglia vagamente a un villaggio turistico, c'è posto per tutti, praticamente per tutte le persone che abbiamo incontrato in questi dieci giorni di cammino.
Ripassa il gruppo eterogeneo che prosegue, ci salutiamo con calore, mentre Gianpiero si rassegna a proseguire.
Nonostante l'apparenza, c'è una lavatrice e un asciugatrice che, avendo tutta la roba fradicia e sporca, sembra provvidenziale.
Il sole stenta un po' ad uscire.
Arrivano i Paci.
Sul ponte accanto all'albergue senza soluzione di continuità, quasi, continuano a passare pellegrini. Sembra di stare al parco nel bel mezzo di una gita per famiglie.
Peró c'è molta pace, lo straniamento era atteso e porta quasi un po' di riposo per piedi, gambe, fiato.
Ci sdraiamo al sole accanto al fiume.

venerdì 24 agosto 2012

10 tappa: Lugo - Ax Seixas

partite un po' tardi, tra contrattempi e ripensamenti e la convinzione che oggi sarebbe stata l'ultima delle tappe lunghe, usciamo dalla città ancora buia.
Bella nel tardo pomeriggio, Lugo, ovviamente, è splendida anche con le ultime luci accese: ci saluta anche Santiago a cavallo scolpito sull'ultimo arco della piazza della Cattedrale.
Usciamo dalla città salendo, la periferia triste di ieri ci immette stamattina verso il cammino, fa freddo.
Man mano che si fa chiaro e la strada si allontana dalla città, l'aria ci sembra più fredda delle altre partenze.
Percorriamo un asfaltato che oggi non lasceremo praticamente mai, ma che si snoda tra belle macchie di alberi alti, campi di pannocchie e cavoli altissimi.
La prima tappa è a San Vicente di Burgo, con la bella solita chiesina al centro del paese, alta e bianca quanto basta per vederla mentre si arriva.
Al primo bar incontriamo quello che resta del gruppo dei soliti pellegrini che stamattina sono partiti da Lugo.
Il ragazzo con lo zaino grande che alterna giorni di cammino a giorni in bici (ci appare chiaro che la bici la nasconda nello zaino), i due invasati che camminano marziali e un terzetto composto da uno spagnolo con le braghe larghe, uno spagnolo sulla cinquantina capitato lì per caso e Gianpiero, l'unico italiano conosciuto finora. Gianpiero, come il peggiore dei cliché, parla a voce altissima, gesticola e riesce a fare sempre delle figure terrificanti.
Dopo la sosta al bar, mentre si abbuffano tutti di panini, proseguiamo, sull'asfalto fino a qualche sparuta deviazione nel bosco, qualche cantata, pini piccoli, odore di sottobosco.
Qualche chilometro dopo, siamo all'albergue di San Roman, l'ultima possibilità di rifornirsi di provviste fino all'arrivo in una locanda un po' angusta.
Ci separano 13 km dall'arrivo, sull'asfalto ancora, all'orizzonte le nuvole si fanno scure e più basse.
Un segnale ci fa girare a destra, nel bosco, erba alta, comincia a piovere.
K-way, coprizaino.
Perdiamo i segnali nel bosco, proviamo a uscire, torniamo indietro.
Riprendiamo l'asfalto "così di sicuro ci arriviamo", al primo paese che incontriamo, un ragazzo gentile sul trattore ci dice dove siamo: siamo parallele al camino, ma la direzione è giusta!
Piove, fino a ferreira, l'ultima frazione un po' più grande prima dell'arrivo, a una sorta di osteria, c'è il gruppo eterogeneo dei superstiti. Il cinquantenne che sembra lì per caso, sta salutando una signora e una ragazzina scese da una macchina.
Seguono congetture sulla scena.
La tesi più accreditata è che sia una sorta di spia sotto copertura la cui famiglia lo ha raggiunto in questo posto sperduto.
Asfalto, salita, l'orizzonte è fradicio,, vento che porta odore degli eucalipti, rientriamo nel bosco, fino a un gruppo di case, un altro, bastaaaa pioggia!, pezzettino di cioccolato, un altro gruppo di case, acqua in faccia, cani incattiviti, ma le mucche non si riparano dalla pioggia?.
A un passaggio nel bosco nella fanghiglia, scarpe fradicie, indicazione per l'albergue.
Ultima salita, destra, piove.
Dall'albergue, esce una signora col fazzoletto in testa e il nostro amico con la maglia rossa: anche oggi alza le braccia al cielo e sorride. Siamo arrivate!
32 km
L'albergue è meraviglioso, soprattutto, è caldo.
Arrivano anche i Paci, allora ci sentiamo proprio meglio e, infine, il gruppo eterogenei, in coda, ovviamente, Gianpiero che offre spaccati pittoreschi sulla propria condizione fisica "so' 'na pippa, io!"
Riposiamo, non sicure che i vestiti si asciugheranno per domattina.
Tutti insieme prepariamo la cena. Gianpiero nella parte dello splendido , italiano che cucina la pasta "a ognuno il suo mestiere".
Domani a Melide incroceremo il camino francese. Non sappiamo se siamo pronte, dopo giorni passati a rincontrare quelle facce che, ormai, danno un bel senso di casa, calore, sicurezza, parole mischiate, spaghetti cucinati insieme, vesciche curate.

giovedì 23 agosto 2012

9 tappa: Càdavo - Lugo

Oggi siamo stanche.
Di quella stanchezza appiccicata alle ginocchia, alle caviglie, alle scarpe.
Di quella che gli ultimi chilometri, sembra di farne almeno altrettanti di quelli già fatti.
Viaggiare a piedi è anche questo, peró: la giornata faticosa, il nervoso che svanisce quando tocchi il letto, non arrivare mai, poi, peró, arrivare.
Stamattina abbiamo camminato trentadue chilometri. Nessuna delle sue ne aveva mai percorsi così tanti.
Stamattina la strada è iniziata nel bosco, una prima tappa bella a Catsroverde, con il bel retrabo doratissimo della chiesa di Santiago, la fontana con gli ombrelli nella piazza, la discesa, la risalita.
Dopo Castroverde, asfalto nei campi, cascine isolate, ma affatto suggestivi.
Le salite non spezzano il fiato come i grippi asturiani, ma il fondo è sempre sassoso, interrotto qua e là da pannocchie, qualche campo di girasole.
Il cielo è grigio e basso, fa fresco e si prosegue bene.
L'ennesima uscita dal bosco, avvistiamo Lugo: è lì, davanti, un gruppo di case che diventa sempre più grande, ma sembra non arrivare mai.
È il posto più grande dove ci siamo fermate dall'inizio del viaggio, la periferia sono case sporche e non una fattoria odorosa di cacca di mucca.
Le ultime discese le abbiamo fatte in quasi silenzio, cantando, stando zitte un'altra volta.
Passiamo a qualche centinaio di metri dal ponte ferroviario più lungo della Spagna, risaliamo l'ultimo tratto e siamo dentro a un viale trafficato dove ritrovare la conchiglia e la freccia gialla sembra anche un po' fuori luogo.
Arriviamo alle mura romane, l'albergue è subito lì, davanti ci sono le due ragazze che camminano in jeans che si sbracciano.
L'albergue è nel pieno centro, alla reception, che è persino chiusa da un vetro, il signore che ci accoglie ci lancia un pacco di copri federa in carta, non ci chiede neanche da dove arriviamo.
Lugo è grande per i nostri giorni di cammino, una città in cui cammineremmo piano in un altro viaggio.
Ci sono quelli che fanno joggin, ci sono delle persone vestite da lavoro, ci sono persino dei negozi di scarpe.
La cattedrale è stupenda, con i tanti altari uno dietro l'altro, il coro ligneo intagliato, i portali grigi.
Lugo conserva l'unico esemplare di cinta muraria romana rimasta totalmente integra. Facciamo anche una passeggiata percorrendole tutte, ci perdiamo nelle strade del centro.
Per molti questa è l'ultima tappa, spaventati dalla fiumana che ci aspetta quando attraccheremo, dopodomani, nel camino frances.
A noi di tappe ne mancano 4 e 100km alla Cattedrale.
Che poi, alla fine, viaggiare è questo

mercoledì 22 agosto 2012

8 tappa: fonsagrada - càdavo

Terzo giorno di nebbia consecutivo.
Al risveglio, la coppia di anziani vicini di camera, scoperti nella serata, olandesi e poco profumati, è già sparita.
Costeggiamo la carrettera inoltrandoci nel bosco che sale.
Il paesaggio è avvolto nella nebbia, anche questa mattina la poca visibilità lascia poco spazio alla visione di pochi metri oltre i nostri passi.
Le salite galiziane, per quanto siano le prime che incontriamo, paiono meno aspre e il fiato fa più fatica a spezzarsi.
Superiamo e veniamo recuperate da una coppia di esagitati che camminano a passo di marcia.
Un'ultima collina e, nella nebbia, ci si fa incontro l'ermita de Montouto, affiancata dalle rovine di un antico hospital: uno dei tanti pellegrini incontrati sulla strada che ogni tanto prova a parlarci in italiano, ci assicura che "è bellissimo". Le rovine sono suggestive, sebbene nella nebbia. Ci accoglie un toro simpatico aldilà di un muricciolo.
Riprendiamo la discesa sassosa, bordata da felci, fino a Paradevella: un piccolo bar, dove molti del solito gruppo, tra cui i tre stoici in maglia verde, fanno colazione.
La strada prosegue verso la montagna: la guida ci consiglia, peró, una deviazione sulla carrettera, 5 km sembrano, così, quasi due passi fino al La Lastra, costeggiando costoni di roccia rossa e pini bassi e riccioluti.
Seduti davanti a un altro bar, ritroviamo la combriccola di Paci (stamattina devono essere partiti all'alba) che ci offre una cucchiaiata di melillo, una sorta di marmellata di prugne molto densa, un fruttino zueg. Segue una lunga dissertazione su come si dica prugna in ambedue le lingue. Scendendo da La Lastra, che conta due case e tre bar e trattorini sul lato della strada puliscono l'erba oltre il guard rail, il camino riprende, sempre tra le felci, strappando in salita, fino a l'alto de fontaneira.
Saliamo e scendiamo uscendo e rientrando dalla boscaglia.
Incontriamo continuamente altri gruppi di pellegrini, facce note, a differenza degli altri giorni, in cui abbiamo percorso, a distanze molto più considerevoli, anche gli incontri sulla strada.
L'alto de craballin è l'ultima delle salite di oggi, il sole finalmente è ricomparso, e il cielo si é fatto celeste e di nuvole sfilacciate.
Arriviamo al campo de la matanza, luogo di una leggendaria battaglia tra Alfonso il casto e i mori, che sotto il sole di mezzogiorno, sembra solo una spianata alla fine di una salita sterrata.
Scendiamo all'albergo di Càdavo.
Al solito, la vista della meta, fa rinascere tutti i dolori alle gambe e ritrovare quei pellegrini che abbiamo imparato a seguire e osservare dall'inizio fino qui.
Ad ogni modo, gli anziani olandesi sono di nuovo nel letto accanto al nostro.
131 km a Santiago.
Prima fila di timbri completata sulla credenziale.

martedì 21 agosto 2012

7 tappa: Grandas - Padrón (Fonsagrada)

tappa di metà camino: una delle più lunghe, per la quale ci svegliamo e incrociamo la coppia di francesi, segno che, quindi, è presto!
La strada si allontana dal paese, c'è nebbia anche stamattina, saliamo per un sentiero umido, costeggiamo la statale, attraversiamo una serie di minuscole frazioni addormentate e arriviamo al bar-tienda Federico che si qualifica essere come l'ultimo bar delle Asturie, difatti, venti metri avanti ne troviamo un altro.
Il cammino si addentra nel bosco: ancora umido e nebbia fino all'albergue di Castro, a 5 km dalla partenza, che pare essere uno dei più esclusivi del percorso intero.
Da lì, ancora qualche metro di bosco in salita e arriviamo sull'asfalto e davanti a noi si staglia nella nebbia parte della spassosa combriccola di Paci, con cui arriviamo fino a Penafonte: sulla strada, Paci, ci racconta, a voce altissima, la storia della concha, la conchiglia, di Santiago. Li lasciamo a rifocillarsi di biscotti in una sosta e continuiamo a salire in mezzo al bosco, mentre la nebbia inizia a dissolversi: adesso il cielo è azzurro, i fiori accanto al sentiero sembrano ancora più gialli e viola e l'aria si riempie di farfalle.
Passiamo accanto a un pianoro di pale eoliche e proseguiamo la salita fino al crinale del picco Cuta.
Sulla sommità, ci lasciamo indietro le Asturie: un gruppo di promontori verdissimi le cui cime sbucano dalla nebbia ed entriamo in Galizia.
D'ora in poi, delle conchiglie che indicano la giusta direzione, dovremo seguire la chioma, non più il dorso.
Pochi metri più avanti, scendendo, un piccolo cippo scuro e una fila di sassi segnano il confine tra le due regioni.
La discesa ci porta fino a puerto de l'acebo, dove c'è tempo per una pausa e il primo timbro "el primero de la galicia", commenta l'oste che ci augura "buen camino!".
Scendendo a valle, ci è impossibile scorgere molto, ci riaddentriamo nella nebbia densa, costeggiando la carrettera, un po' attraversando un boschetto di pini molto bassi.
Uscendo dall'ultimo sentiero, Fonsagrada, sbuca sopra ai nostri sguardi: ultima salita sotto al sole della giornata, precedute solo da una signora con una bambina in braccio.
La guida ci aggiorna che questo è il paese più alto di tutta la Galizia tanto che "non sono mai scesi giù neppure i lupi".
Noi, invece, entriamo in città: c'è persino il ristorante che, secondo la nostra guida, preparerebbe il polpo alla gallega più buono di tutta la regione.
Trovare la strada dell'albergue sembra ancora ostico tra le indicazioni sbagliate, il caldo, 27km sulle gambe, i nervi che saltano, ma imbocchiamo la discesa giusta e raggiungiamo Padrón: un crocicchio di due case, una chiesina in pietra e l'albergue.
L'hospitalera è una brasiliana gentile che ci alloggia in una stanza tutta di legno, fatta eccezione per una coppia di anziani dalla nazionalità non chiara: lei narcolettica, lui impaziente.
Dopo pranzo, sulle sedie di formica, in un gramelot impossibile, cerchiamo di estorcere al francese segreti sulla loro sveglia.
Mancano 153 km alla meta.
Su quello che resta dei nostri arti inferiori ce ne sono già 158.