lunedì 20 agosto 2012

6 tappa: Berducedo - Granas de Salime

sveglia nella nebbia e lasciati indietro tutti gli altri avventori dell'albergue, a inizio sentiero non vediamo nulla, solo una coltre densa e i sassi davanti a noi, imbocchiamo la strada che scende verso La Mesa, un lungo asfaltato dove si appiccica addosso tutta l'umidità possibile, oltre il guard rail, a destra, e in alto, verso sinistra, ancora nebbia.
Da La Mesa risaliamo la collina, sempre ignorando cosa ci sia davanti a noi, la nebbia, un po', va alzandosi. La fine della salita dovrebbe essere sancita da pale eoliche che non vediamo, tuttavia inizia la discesa.
Sette km che scendono da 1000m di altezza a zero, che immaginavamo peggio, che ci fanno cantare subito superata la prima cascina di Buspol, i piedi scendono tranquilli.
Una prima piccola risalita: guardando giù, mentre la nebbia lascia spazio a un cielo grigio, si intravedono le pendici delle montagne e la valle del Rio Navia, sotto di noi anche un lago? sarà nebbia che risale?
(seguono accese discussioni su questa interpretazione).
Sbuchiamo sulla statale che costeggia la gigantesca diga dell'Embalse: una struttura gigantesca resa ancora più inquietante dal cielo plumbeo.
Attraversiamo la diga: a sinistra, il lago il cui livello ci pare molto alto, a destra, a strapiombo, una lunga colata di cemento scivola verso il fiume.
Sull'altra sponda, pare inizi a far due gocce, montiamo il coprizaino e iniziamo a risalire la vallata: sulla strada solo qualche casa bianca scrostata e abbandonata e un bar.
La salita riprende per circa 4 km di asfalto: praticamente non abbiamo ancora incontrato nessuno, ci avranno sentite cantare e avranno accelerato il passo, fatta eccezione per due ragazze in jeans (scelta piuttosto ardua vista l'umidità della giornata) che abbiamo superato già di parecchio.
L'asfalto ci fa salire nel bosco, i piedi un po' faticano dovendosi abituare a salita, discesa, asfalto, sentiero, ma proseguiamo tra le felci, fino a sbucare a Grandas.
L'albergue non ha ancora aperto, ci sono, ad attendere, la coppia di francesi (che sospettiamo svegliarsi alle 3 del mattino) e altri due gruppetti.
Arriva l'hospitalero che ci offre dei fruttini e ci dice in italiano, stentato "che piacccere la vostra presensia", ma gli onori di casa li fa un signore abbronzato e canuto con il codino.
Sul più bello, ci viene presentata l'operatrice socio-culturale: si tratta di Anna, la clamorosa attaccapezze del primo giorno; più volte ci siamo chieste dove fosse finita, stentiamo anche a riconoscerla, mentre fa fare ai primi arrivati un gioco in cui dobbiamo suonare degli oggetti creando un ritmo insieme. Noi suoniamo delle posate, il signore col codino picchietta un dito sulla testa e fa un rumore come di zucca vuota.
L'hostal è molto bello e pulito, ha letti verdi e una musica un po' strana che ci accoglie.
Nel pomeriggio sbuca fuori il sole e i posti si riempiono tutti.
Arriva anche la giunonica vestita da ciclista in cerca di cibo, poi riparte, probabilmente alla volta di cappelle abbandonate.
Resta ancora poco chiaro cosa faccia Anna qui.

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