sabato 25 agosto 2012

11 tappa: Ax Seixas - Ribadiso

Lasciamo l'albergue che non capiamo se oggi il tempo sarà clemente. Anche il ragazzo con le braghe larghe del gruppo eterogeneo, assicura che farà bel tempo.
Riprendiamo da dove avevamo lasciato ieri, la strada risale la collina fino a un lungo sentiero che taglia in due la cima e passa accanto a un monticello di pietra che è l'unica cosa che si staglia davanti a noi.
Sotto e oltre, una nebbia densa. Ricomincia a piovere.
Con pazienza rimontiamo k-way e coprizaino, un mojon -uno dei cippi che segnano la direzione con le conchiglie- ha disegnato un arcobaleno che speriamo sia di buon auspicio.
Iniziamo la discesa e si profila la sagoma di Gianpiero e i suoi due zainetti e dietro i suoi compari: Braghe Larghe, la spia sotto copertura e i due esagitati. "stamattina vai veloce" commentiamo sperando di incoraggiarlo "aó, so' partito 20 minuti prima e già m'hanno raggiunto".
La strada si lascia percorrere tranquilla, in discesa, piove, talvolta possiamo togliere il cappuccio, poi lo rialziamo, accanto a noi: campi di mais, qualche casetta bianca, spighe ai bordi dell'asfalto.
Dopo 15 km le prime case di Melide che ci è apparso, man mano, su un piccolo promontorio sopra di noi.
"1 chilometro!" ci incoraggia una signora affacciata alla finestra.
A Melide recuperiamo le conchiglie nell'intrico delle stradine del centro: la chiesa di San Pedro con la volta bassa, la piazza antistante.
Sono le 10.30, abbiamo appena superato il record dei 5 km all'ora!
Mentre ci fermiamo in una sosta per una colazione aggiuntiva, dalla vetrina del bar, vediamo passare un flusso incredibile di pellegrini, pochi hanno il coprizaino montato, segno che, evidentemente, non camminano da molto: il confluire con il camino francese è qui.
La strada scende ed entriamo nella piccolissima chiesa del Carmen dove una suora gigante, ma molto gentile, ci racconta che era la chiesa dove i pellegrini si fermavano per far penitenza prima dell'arrivo a Santiago. La porta dalla quale uscivano è orientata verso la meta del pellegrinaggio. Quando le sveliamo che veniamo dal cammino primitivo, è molto colpita e si complimenta a lungo.
La strada, un lungo sterrato ampio ci fa entrare in un bel bosco continuo di alberi alti e mais, incontriamo qualche sparuto gruppo di case.
Le facce che vediamo sono nuove,
i passi vanno a ritmo di bacchetti altrui.
C'è persino qualche gruppo senza zaino e ambulanti che vendono frutta e un timbro per la credenziale.
Persino i mojon che ci hanno accompagnato senza farci mai perdere la direzione, sono cambiati: riportano i chilometri mancanti a Santiago in un count down scandito ogni 500 metri, ad ogni modo, sbagliare strada è quantomeno impossibile. Le conchiglie non ci indicano più dove andare, per quello basta seguire quelli davanti.
Arriviamo a Ribadiso che sta a cavallo di un fiume, è fresco e il portone azzurro dell'albergue quasi si confonde, molti proseguono oltre.
La struttura in muratura, bassa, profilata di azzurro assomiglia vagamente a un villaggio turistico, c'è posto per tutti, praticamente per tutte le persone che abbiamo incontrato in questi dieci giorni di cammino.
Ripassa il gruppo eterogeneo che prosegue, ci salutiamo con calore, mentre Gianpiero si rassegna a proseguire.
Nonostante l'apparenza, c'è una lavatrice e un asciugatrice che, avendo tutta la roba fradicia e sporca, sembra provvidenziale.
Il sole stenta un po' ad uscire.
Arrivano i Paci.
Sul ponte accanto all'albergue senza soluzione di continuità, quasi, continuano a passare pellegrini. Sembra di stare al parco nel bel mezzo di una gita per famiglie.
Peró c'è molta pace, lo straniamento era atteso e porta quasi un po' di riposo per piedi, gambe, fiato.
Ci sdraiamo al sole accanto al fiume.

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